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L'Acquedotto Romano di Chieri

 

Il reperto appartiene all’acquedotto che, dal I secolo d.C., riforniva d’acqua potabile Carreum Potentia, la Chieri romana. Fu scoperto negli anni ʻ60 del Novecento dal Gruppo Scout di Chieri in un’area compresa tra le cascine Mangolina e Cantoria.

Alimentato dalle sorgenti tuttora esistenti sulla collina di Pino Torinese (Fontana del Maian e Fontana ‘d Marcantoni), l’acquedotto poteva trasportare fino a 4.000 m3 d’acqua al giorno. Lungo circa 5 km, raggiungeva la città seguendo il corso del Tepice, con un condotto probabilmente interrato che scendeva per un dislivello di quasi 50 metri.

La struttura, costruita esternamente con ciottoli, pietre e malta, era provvista di una canaletta interna, impermeabilizzata da un rivestimento di calce e frammenti di ceramica e laterizi (cosiddetto “cocciopesto”).

L’acquedotto alimentava anche la fontana monumentale scoperta nel 1990 all’interno di Palazzo Bruni.

 

Approfondimenti

Prima della costruzione dell’acquedotto, la città romana di Carreum Potentia doveva ricorrere all’uso di pozzi per rifornirsi di acqua potabile; la vita quotidiana dei suoi abitanti, a partire dal I secolo d.C., venne quindi decisamente agevolata da quest’opera ingegneristica. Il bacino di captazione dell’acqua era verosimilmente situato tra il rio Gola e le attuali vie Val di Gola e Valle Miglioretti.

Fig.1 ritrovamento da parte degli scout

Da qui il condotto, probabilmente interrato, costeggiava il rio Gola fino alla confluenza con il torrente di Valle Ceppi, proseguendo poi lungo il Tepice verso la città. L’acquedotto alimentava anche la grande vasca in conglomerato cementizio scoperta nel 1990 all’interno di Palazzo Bruni, forse pertinente ad una fontana monumentale situata nel foro (fig. 1).
Il condotto era provvisto di serbatoi per regolare il flusso dell’acqua e di sistemi di controllo della portata.

 
Fig.2 sezione acquedotto


La struttura, in conglomerato di pietre e ciottoli legati con malta molto dura, venne probabilmente realizzata direttamente contro terra. All’interno correva una canaletta a sezione rettangolare, impermeabilizzata da cocciopesto, coperta da tegole o laterizi (fig. 2).

 
 
Fig.3 vasca acquedotto

I primi studi sull’acquedotto romano di Chieri furono pubblicati negli anni Trenta del Novecento dallo studioso locale e medico condotto di Pino Torinese, Riccardo Ghivarello. Negli anni Sessanta il Gruppo Scout di Chieri rinvenne numerosi frammenti della struttura (fig. 3), tra i quali quello esposto nel portico del Municipio. A causa dell’espansione urbana, oggi quasi nulla si conserva dei restanti tratti dell’acquedotto.

 
Fig.4 acquedotto prima del restauro

Nel 2016, in occasione del nuovo allestimento del reperto all’interno del portico del Municipio, il frammento è stato restaurato mediante un trattamento biocida per la rimozione dei licheni, con conseguente ripulitura e consolidamento (fig. 4).